Diritto di controllo del socio-consigliere di s.r.l.

Diritto di controllo del socio-consigliere di s.r.l.

Trib. Venezia, 3 novembre 2022. La pronuncia si segnala perché rappresenta uno dei rari interventi editi della giurisprudenza (ma v. pure, in anni recenti, Cass. n. 2038/2018, in Giur. it., 2018, p. 1434 ss.) in materia di diritto di controllo del socio di s.r.l. che sia anche amministratore. Nel caso di specie, un socio al 50% di una s.r.l., anche amministratore delegato, proponeva ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. al fine di poter accedere alla documentazione sociale, che lamentava essergli stata negata da parte dell’altro socio, a sua volta pure amministratore delegato. Il Giudice veneziano ha accolto parzialmente la domanda, ordinando alla società resistente l’esibizione di alcuni tra i documenti richiesti da parte ricorrente (i.e., l’elenco dei nominativi e i contatti dei giornalisti con i quali la società intrattiene rapporti e la relativa documentazione contrattuale, i contratti con alcuni fornitori e tutta la documentazione riguardante i rapporti con un Comune).

Sul tema, per meglio inquadrare la decisione in esame, va tenuto presente il principio di diritto (espressamente citato dal Tribunale) che era stato in precedenza affermato dalla citata pronuncia di Cassazione, secondo la quale: “compete anche al socio-amministratore di s.r.l. il diritto, previsto dall’art. 2476, secondo comma, cod. civ., di ricevere notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri ed i documenti relativi alla gestione societaria compiuta dagli amministratori, cui egli non abbia in tutto o in parte partecipato”. In particolare, va notato che con tale arresto la s. Corte ha fondato il diritto di controllo del socio-amministratore di s.r.l. direttamente nell’art. 2476, comma 2°, c.c., benché la lettera della norma si riferisca espressamente ai soli “i soci che non partecipano all’amministrazione”.

Una simile posizione non è però pacificamente condivisa dalla dottrina. In proposito, è stato da alcuni evidenziato che la funzione amministrativa impone senz’altro ai soci consiglieri il potere-dovere di vigilare sulla gestione della società (e, quindi, di accedere alla documentazione sociale e di ottenere informazioni dagli amministratori al fine di poter adempiere a tale compito): ma ciò costituisce appunto un dovere e non un diritto degli stessi. E va ulteriormente rilevato che, seguendo una tale indicazione, la conseguenza dovrebbe allora essere che il diritto-dovere di richiedere informazioni e di consultare i documenti sociali riconosciuto in capo al socio-consigliere trovi fondamento e disciplina nelle norme previste per l’esercizio della funzione gestoria, e dunque nell’art. 2381 c.c., applicabile anche alle s.r.l. in ragione del richiamo espresso dall’art. 2475, ult. comma, c.c. Quale ulteriore corollario di un simile percorso pare di doversi riconoscere al potere-dovere di controllo dei soci amministratori la stessa estensione, anche quanto a modalità di esercizio, di quello che compete ai consiglieri dell’organo amministrativo di società per azioni. Ciò, col problema dei limiti entro i quali possa applicarsi alla s.r.l. il disposto dell’art. 2381, comma 6°, c.c.: ed è chiaro che, ove la risposta sia positiva, il singolo amministratore potrà accedere alle informazioni societarie solo nella sede consiliare e per via dell’istruttoria operata a cura del presidente. Altra parte della dottrina ha invece condiviso l’orientamento di legittimità, ritenendo che l’esclusione del socio-amministratore dal perimetro di applicazione del diritto in parola porterebbe ad un risultato incongruo, in quanto così facendo il socio amministratore avrebbe poteri più circoscritti del socio non amministratore (che, come noto, può anche ad es. avvalersi di un consulente). La conclusione sarebbe inoltre suffragata dalla recente modifica normativa dell’art. 2475 c.c., introdotta dal Codice della Crisi: al riguardo viene detto che la norma, là dove richiama l’art. 2381 c.c. “in quanto compatibile”, mirerebbe proprio ad escludere l’applicabilità del comma 6° alle s.r.l. per evitare il paradosso. Infine, al fine di confermare o escludere l’applicabilità della norma in tema di dialogo intra-consiliare nelle s.p.a. alle s.r.l., altri autori sembrano dare particolare risalto all’atteggiarsi concreto dell’organizzazione statutaria di questa, ossia: al modello di amministrazione adottato, alla circostanza che si sia fatto ricorso o meno all’istituto delle deleghe consiliari, all’eventuale richiamo operato nello statuto all’art. 2381 c.c. Se si accoglie questa impostazione, ciò non significa però ridurre il diritto di controllo del socio amministratore, ma solo precisare le forme e i modi con i quali i documenti e le notizie sono a volta a volta consultabili o ricevibili dal socio.

In tale quadro, va ora inserita la pronuncia allegata, la quale esprime una posizione riconducibile a quella dell’ultimo orientamento dottrinale riferito. L’ordinanza afferma infatti che il principio enunciato dalla suddetta Cassazione “debba essere interpretato prendendo le mosse dalla lettura integrale della sentenza” e, in particolare, da quei passaggi della motivazione in cui si segnala che il diritto di consultazione e di informazione del socio-amministratore sia analogo ma più intenso di quello del socio e che il relativo fondamento non possa essere rintracciato “sic et simpliciter” nell’art. 2476, comma 2, c.c.  Per il Tribunale, quindi, dalla sentenza di legittimità andrebbe desunto che l’amministratore “ha il diritto-dovere di rivolgersi agli altri amministratori per chiedere loro informazioni relative all’attività che esulino dal perimetro delle proprie deleghe o alle quali non abbia partecipato”.

Riferimenti:
- In generale, sul contenuto e i limiti del diritto di consultazione ex art. 2476 c.c., ex multis, cfr.: AMBROSINI, 2476 c.c., in Commentario Niccolini-Stagno D’Alcontres, Napoli, 2004, p. 1586 ss.; ABRIANI, I controlli, in Commentario Ibba-Marasà, Milano, 2020, p. 2036 ss.; ANGELILLIS-SANDRELLI, Art. 2476 c.c., in Commentario Marchetti, Milano, 2008, p. 665 ss.; BUTA, I diritti di controllo del socio di s.r.l., in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Campobasso, diretto da Abbadessa-Portale, 3, Torino, 2007, p. 585 ss.; PRESTI, Il diritto di controllo dei soci non amministratori, in S.r.l. Commentario dedicato a Portale, Milano, 2011, p. 650 ss.; ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, in Il codice civile. Commentario, fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, 2010, p. 1105 ss., GUIDOTTI, Ancora sui limiti all’esercizio dei diritti di controllo nella s.r.l. e sul (preteso) diritto di ottenere copia dei documenti consultati, in Giur. comm., 2008, II, p. 218 ss.; RICCIARDIELLO, L’inerenza del diritto di controllo del socio non amministratore di s.r.l. al potere gestorio, ivi, p. 228 ss.
- In giurisprudenza, per l’orientamento contrario all’applicazione dell’art. 2476, comma 2°, c.c. al socio-amministratore, v. anche: Trib. Napoli, 13.08.2009, in Società, 2010, p. 1129 ss., secondo cui: “l’amministratore della società … non ha bisogno di esercitare i diritti di controllo previsti dalla norma in esame: anzi, ha, più che il diritto, il dovere di vigilare (delegato o meno che sia) sulla gestione della società e l’operato degli altri amministratori acquisendo ed esaminando – … non certo attraverso l’esercizio di un diritto del socio quale quello previsto dall’art. 2476, comma 2, c.c., specie se si considera che alla vigilanza è tenuto pur quando, come è ben possibile a norma dell’art. 2475 c.c., non sia socio della società – tutti i documenti sociali a tal fine utili o necessari”. In dottrina, v. in particolare ZANARONE; cit., p. 1113 s.
- Favorevoli all’applicazione dell’art. 2476, comma 2°, c.c. anche al socio-amministratore e alla disapplicazione dell’art. 2381, comma 6° c.c. nelle s.r.l., cfr.: MOSCO, in Commentario Ibba-Marasà, p. 1670 s.; ABRIANI - ROSSI, Nuova disciplina della crisi di impresa e modificazioni del codice civile: prime letture, in Società, 2019, p. 404; MONTALENTI, L’amministrazione delegata nelle società a responsabilità limitata, in Le società a responsabilità limitata: un modello transtipico alla prova del Codice della Crisi, a cura di Irrera, Torino, 2020, p. 632.
Trib_Venezia_03112022

Normativa emergenziale in materia di aumento di capitale e abuso di maggioranza

Normativa emergenziale in materia di aumento di capitale e abuso di maggioranza

Trib. Venezia, 13 settembre 2021. Si segnala una pronuncia interessante per l’applicazione del divieto di abuso di maggioranza in materia di normativa emergenziale sull’aumento di capitale.

Nel caso di specie, l’applicazione della normativa emergenziale ex art. 44 del d.l. 76/2020 c.d. “Decreto Semplificazioni” (conv. in l. 120/2020) – che, come noto, ha derogato fino al 30.06.2021 alle norme in materia di quorum assembleari, ritenendo sufficiente per l’approvazione dell’aumento di capitale il voto favorevole della maggioranza del capitale rappresentato in assemblea, anche qualora lo statuto preveda maggioranze più elevate – aveva condotto i soci portatori del 66% del capitale sociale di una s.r.l. a deliberare un aumento di capitale senza il rispetto della clausola statutaria, la quale imponeva una maggioranza pari all’80%.

Nel provvedimento allegato, ai fini della concessione della sospensiva ex artt. 2378 e 2479-ter c.c., il giudice ha riconosciuto l’utilizzo abusivo della normativa, ritenendo che essa sia stata strumentalmente applicata dalla maggioranza al fine di arrecare un danno al socio di minoranza. In particolare, nell’ordinanza viene riconosciuto che, in termini astratti, la normativa emergenziale sull’aumento di capitale ha portata generale ed è pertanto svincolata da presupposti specifici, sicché essa è applicabile anche in quei casi in cui – come quello di specie – l’aumento di capitale non sia preordinato a coprire una perdita. Tuttavia, nella fattispecie in esame il giudice ha ritenuto in concreto provato l’abuso sulla base del ragionamento che, benché sia astrattamente vero che la ratio della normativa emergenziale è quella di favorire l’apporto di nuovo capitale, essenziale all’impresa, da parte dei soci in un momento di grave crisi economica determinata dall’evento pandemico, nella specie è mancata in concreto la dimostrazione di tale essenzialità, atteso che: i) l’aumento di capitale (da €10.000,00 a €80.000,00) ammontava a una cifra quasi doppia rispetto all’urgenza finanziaria ravvisata dagli amministratori, quale risultante dal verbale del c.d.a. e ii) si era previsto il versamento immediato, al momento della sottoscrizione, solo del 25% del nuovo capitale, omettendo qualsiasi ulteriore disposizione riguardo alle modalità e tempistiche del versamento del residuo 75%, di cui è sembrato non emergere alcuna esigenza.

Si tratta pertanto di elementi da cui il giudice ricava potersi ritenere indirettamente provato il fine diluitivo dell’aumento di capitale; ciò, sulla base anche della circostanza aggiuntiva che i soci di maggioranza nella specie potevano considerarsi essere nella posizione di sapere che il socio di minoranza non sarebbe stato in grado di sottoscrivere l’aumento di capitale. Il fine fraudolento viene così indicato nell’essere stata l’operazione essenzialmente preordinata a ridurre la percentuale del socio di minoranza al di sotto della misura del 20%: vale a dire, sotto la soglia statutariamente necessaria al fine di consentire al socio di minoranza di opporsi alle decisioni rilevanti.

Sul generale tema dell’abuso di maggioranza, va ricordato che l’aumento di capitale rappresenta una vicenda tradizionalmente ritenuta – tanto in dottrina quanto in giurisprudenza – una potenziale occasione di integrazione di tale condotta, proprio nella misura in cui l’operazione si presta alla realizzazione di un programma diluitivo. E’ noto, poi, che l’“abuso” del diritto di voto è reputato illecito, a seconda delle ricostruzioni volta a volta seguite da quanti se ne sono occupati, a vario titolo: ora perché contrastante con il principio di buona fede e correttezza (ed è, come risaputo, la posizione su cui si è assestata dagli anni ’90 la Corte di Cassazione), ora in quanto integrativo di un eccesso di potere, ora poiché ritenuto frontalmente contrario a un generale divieto di abuso del diritto. Se sempre si segnala, peraltro, la difficoltà della prova dell’intento di danno, nel caso di specie è rilevante evidenziare che secondo i Giudici Veneziani tale prova risulta però facilitata dall’applicazione della normativa emergenziale, considerata invocabile per la finalità specifica di aiutare le imprese a reperire risorse economiche essenziali in un delicato momento storico: cosicché, là dove una tale esigenza si reputi non provata in concreto, dovrà presumersi l’intento fraudolento.

In relazione al punto della sospensione ex artt. 2378 e 2479-ter c.c. è opportuno segnalare che l’ordinanza si limita a disporla, senza porsi il problema delle sue conseguenze. Si tratta però di un tema tutt’altro che irrilevante, posto che secondo la migliore dottrina l’aumento di capitale eseguito non può invalidarsi con effetti ex tunc: sicché, il provvedimento del giudice – anche là dove si ritenga esso possa avere natura “anticipatoria” rispetto pronuncia di merito sull’impugnazione della delibera – non può impedire un effetto già prodottosi (la creazione di nuovo capitale), né di per sé rimuoverlo (altrimenti, anziché di sospensione dovrebbe parlarsi di vera e propria revoca).

Riferimenti:
- Sul generale tema dell’abuso di maggioranza, anche in relazione alle sue manifestazioni tipiche, quali le operazioni di aumento di capitale dilutive: ex multis, GAMBINO, Il principio di correttezza nell’ordinamento delle società per azioni, Milano, 1987; CASSOTTANA, L’abuso di potere a danno della minoranza assembleare, Milano, 1991; PREITE, L’abuso della regola di maggioranza nelle deliberazioni assembleari delle società per azioni, Milano, 1992; JAEGER-ANGELICI-GAMBINO-COSTI-CORSI, Commento a Cass. n. 11151/1995, in Giur. comm., 1996, p. 329 ss.; DENOZZA, Quattro variazioni sul tema: “contratto, impresa e società nel pensiero di Carlo Angelici”, in Giur. comm., 2013, I, p. 480 ss.; LIBERTINI, Ancora in tema di contratto, impresa e società. Un commento a Francesco Denozza, in difesa dello “istituzionalismo debole”, in Giur. comm., 2014, I, p. 669 ss.; LIBERTINI-MIRONE-SANFILIPPO, L’assemblea di società per azioni, Milano, 2016, p. 359 ss.; Mirone, in Diritto commerciale, a cura di M. Cian, III, Torino, 2017, p. 444 s.
- Per un approfondimento sulla normativa d’emergenza in relazione alle operazioni di aumento di capitale: PINTO, Aumento di capitale “covid-19” e poteri indisponibili della maggioranza, in Nuove leggi civ., 2021, p. 13 ss.; MARCHETTI, Provvedimenti emergenziali (c.d. decreto “Semplificazioni”) ed aumento di capitale, in Riv. soc., 2020, p. 1165 ss.; SPOLIDORO, Nuove e diverse soluzioni di aumento del capitale e diritto di opzione in situazioni di emergenza, in Riv. soc., 2020, p. 406 ss.
- Sull’efficacia ex nunc della pronuncia che dichiara l’invalidità della delibera di aumento di capitale, in dottrina si evidenzia come ciò non possa tuttavia prescindere dal principio di irretroattività delle vicende organizzative ormai attuate (MEO, Gli effetti dell’invalidità delle deliberazioni assembleari, Milano, 1998, p. 344 ss. e 400 ss.; PISANI MASSAMORMILE, Invalidità delle delibere assembleari. Stabilità ed effetti, in Riv. dir. comm., 2004, I, p. 64 ss.; GENOVESE, Le fattispecie tipiche di invalidità, in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Campobasso, diretto da Abbadessa-Portale, II, Torino, 2006, p. 230 ss.; BELTRAMI, La responsabilità per danni da fusione, Torino, 2008, p. 45 ss.; ID., L’invalidità delle deliberazioni assembleari ex art. 2379-ter c.c., in Società, banche e crisi d’impresa. Liber amicorum Abbadessa, diretto da M. Campobasso e altri, I, Torino, 2014, p. 698 ss.; SACCHI, Gli effetti della sentenza che accoglie l’impugnazione di delibere assembleari, in Banca borsa tit. cred., 2012, I, p. 146 ss.; GINEVRA, Nullità post-conversione di delibera di emissione di obbligazioni bancarie convertibili?, in Giur. comm., 2003, II, p. 268 ss.; ID., in Diritto commerciale, cit., p. 226 s.)
- Con riguardo alla natura anticipatoria del provvedimento sulla sospensiva, cfr. ex multis VILLATA, Impugnazioni di delibere assembleari e cosa giudicata, Milano, 2006, p. 503 ss.; COREA, La sospensione delle deliberazioni societarie nel sistema della tutela giurisdizionale, Torino, 2008, p. 216 ss. Per il rilievo che la sospensione non consente di pervenire alla rimozione, anche solo temporanea, di quanto fino a quel momento prodotto, atteso che un siffatto risultato si potrebbe, semmai, conseguire attraverso un provvedimento cautelare atipico ex art. 700 c.p.c., v. ROMANO, Art. 2378, in Le società per azioni. Codice civile e norme complementari, diretto da Abbadessa-Portale, I, Milano, 2016, p. 1102 ss. In giurisprudenza, v. Trib. Torino (ord.), 4 settembre 2013, in Banca borsa tit. cred. 2015, II, p. 604 ss., secondo cui il provvedimento cautelare può solo sospendere l’efficacia ulteriore di una delibera impugnata, cioè gli effetti che sono destinati a prodursi nel futuro: in altri termini, la sospensiva può operare soltanto ex nunc.

Trib_Venezia_130921